Telemarket, Boni e gli altri: la vendita d'arte fuori dai luoghi comuni
Come una TV commerciale ha cambiato la vendita d'arte per buona parte degli anni Ottanta e Novanta.
Prima del web, delle aste online e degli e-commerce a contendere a gallerie e case dāasta il monopolio della vendita dāarte ci furono le televendite.
In Italia la sovrana fu Telemarket, unāavventura finita male.
La storia. Giorgio Corbelli rilevò ā a nemmeno trentāanni ā le frequenze di Tv Shop Canale 4.
Telemarket crebbe a dismisura, acquisendo frequenze: nel 1987 potĆØ fregiarsi dello status di televisione nazionale, grazie a una rete di ripetitori che le permetteva, nei primi Anni Novanta, di coprire oltre due terzi del territorio nazionale.
Le sue televendite lanciarano Vanna Marchi (subito) e Francesco Boni (più tardi): questāultimo trascina Telemarket su altri mercati, contribuendo alla costruzione di una fama finalmente mainstream e non più appannaggio esclusivo dei collezionisti da salotto.
I suoi intercalari gutturali, al pari delle rocambolesche e fantasiose interpretazioni di pezzi non sempre memorabili, ispirarono Corrado Guzzanti: ĆØ con la satira de LāOttavo Nano che Telemarket entra in maniera definitiva e totale nelle case degli italiani.
Intanto, tra la proposta di tappeti persiani e quella di gioielli, si irrobustisce lo spiccato interesse nei confronti dellāarte: con le comparsate di Vittorio Sgarbi e il tentativo di lanciare il format Tg dellāArte.
Aprono gli show-room: a Milano, Roma, Bologna, Napoli e naturalmente Brescia.
Telemarket: i problemi e gli scandali
Ma allāimprovviso Corbelli si scopre Re Mida al contrario: tutto ciò che gli passa per le mani finisce male.
Provare per credere il fallimento di Finarte, spazzata via dopo lāinfausta fusione con la sua Semenzato e il caso delle false grafiche di Cascella vendute proprio attraverso Telemarket.
Un gioco che vale la scomparsa della casa dāaste e a Corbelli lāarresto con lāaccusa di associazione a delinquere, truffa, ricettazione e riciclaggio.
Il marchio Telemarket, un poā acciaccato nella credibilitĆ , ĆØ comunque sempre sopravvissuto: anche allāacquisto delle frequenze da parte di Telecom Italia Media (leggi: La7) che nel 2005 ne aveva acquisito gli originali spazi sullāetere.
Adesso parlo io: il libro di Francesco Boni
Cāera un tempo in cui uno dei più famosi televenditori dāarte italiani, Francesco Boni, era cosƬ popolare da meritarsi unāimitazione di Corrado Guzzanti.
Lo narra lui stesso in un piacevole libro autobiografico.
Con ricordi e aneddoti su Tano Festa, Schifano e altri artisti italiani, il libro ĆØ un bel viaggio nel dietro le quinte di tre decenni dāarte.
Molto formative anche le riflessioni sul mercato e le differenze fra Italia e resto del mondo.
Francesco Boni ĆØ praticamente nato dentro il mondo dellāarte, lo ha respirato fin da bambino e ci ha trovato poi una professione giĆ dallāadolescenza.
Escono piccoli affreschi di storie, aneddoti, pezzi di vita vera in grado di trasportarlo dentro gli studi dei pittori che hanno fatto la storia, così come dietro le quinte di chi fa questo mestiere, ne comprende le difficoltà e il fascino.
CHEAP a Bologna, morte e icone
238 applications da 19 paesi, 54 manifesti selezionati: sono questi i numeri della prima edizione di ICONS, la call for poster che arriva nelle strade di Bologna a Marzo 2023.
ICONS ĆØ il nuovo progetto obituale di CHEAP: una call for posters dedicata a icone decedute, uno spazio dove sfogare la diffusa monossessione dei coccodrilli, il fanatismo rivolto ai defunti, il feticismo per i lutti di massa.
ICONS ĆØ un gioco: le uniche regole sono che lāicona scelta di volta in volta sia defunta e che i ritratti siano inediti. Uno sfogatoio mortuario collettivo, elaborato con sarcasmo, venerazione, black humor, totale mancanza di realismo: ognunÉ farĆ le proprie condoglianze nel modo che ritiene più opportuno.
La prima edizione di ICONS ĆØ dedicata a un nostro lutto tuttora irrisolto: Sua MaestĆ , David Bowie.
Con più di 50 anni di onorato servizio, Bowie ha incarnato una galassia di identitĆ , definendo stili e attraversando generi, performando immaginari che hanno stravolto i paradigmi esistenti: Starman, Duca Bianco, talento pop, icona glam, suicida rockānāroll, Re dei Goblin, eroe per un giorno, vampiro, uomo caduto sulla Terra, Ziggy, agente Jeffries, Lazarus, principiante assoluto.
āSe il lutto ĆØ davvero il prodotto di rappresentazioni collettive, ci interessa provare a testarle nel formato del manifesto nello spazio pubblico della cittĆ : lo vogliamo fare a partire da una delle ossessioni che ci incuriosiscono, quella per la morte di icone della musica, del cinema, dello spettacolo. āĀ dicono da CHEAP ā Pensiamo che questa monomania, che si colloca tra il disturbante e il seducente, meriti la nostra attenzione.ā
Gruppo Chiesi: rigenerazione a Parma
CāĆØ tempo fino al 30 aprile per inviare i materiali richiesti a Restore to Impact ā The next healthcare landmark for innovation and future-oriented competences, International Call for ideas bandita dal Gruppo Chiesi e finalizzata a identificare concept innovativi, evolutivi, trasversali che saranno la base per le linee guida del futuro progetto di rigenerazione del sito industriale del gruppo farmaceutico Chiesi di via Palermo a Parma.
Lāobiettivo ĆØ duplice: creare un business playground innovativo (Center for Open Innovation & Competence), e fornire alla propria filiale commerciale uno spazio di lavoro allineato alle attuali nozioni di inclusione e alle linee guida aziendali.
Per trasformare il sito di via Palermo in un volano per la rigenerazione urbana e un landmark di innovazione.
La Call for Ideas prevede due categorie di partecipazione: Professionisti (architetti, paesaggisti, designer, ingegneri, ricercatori ed esperti con competenze nelle discipline sottoindicate) e Under 30 (laureati o impegnati in percorsi formativi in architettura, ingegneria, design e nelle discipline sottoindicate) ed ĆØ rivolta a singoli soggetti e/o Team di Progetto interdisciplinari con competenze inerenti alle seguenti discipline: healthcare, sostenibilitĆ , spatial design, workplace, nuove tecnologie, Big Data, service design, paesaggio, discipline umanistiche.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto. Ho 43 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup ArtĆ porter e della societĆ di consulenza Feelthebeat.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding.
Non ho una carriera e sono un pessimo venditore di me stesso.
Mi trovate anche su Linkedin.