L'arte contemporanea in 10 artisti: il libro di Giuseppe Nifosì
Un libro del 2022 tenta di interpretare l'arte contemporanea con il ritratto di 10 artisti/rockstar.
Articolo originale dal sito Arte Svelata.
Alcuni artisti contemporanei, attraverso forme espressive e simboliche del tutto nuove, hanno fissato coraggiosamente i loro occhi sul buio che un inedito e drammatico vuoto di senso ha provocato.
Jackson Pollock
Jackson Pollock (1912-1956) ha voluto fare dell’opera d’arte la traduzione diretta di un’energia fisica, emotiva e mentale, lo specchio di un’azione tesa a imprimere una traccia dell’artista nel mondo.
L’artista non voleva riprodurre ciò che si può vedere con gli occhi, nel mondo, non intendeva operare sulla natura ma agire con la natura.
L’artista ha riversato sulla tela tutta la propria interiorità, rendendola manifesta, ha dato forma alle sue emozioni, ha espresso con straordinaria efficacia la sua ansia esistenziale, il suo anelito di libertà totale.
Mark Rothko
Mark Rothko (1903-1970) produsse tele verticali e di grande formato (tre metri di altezza circa), composte da due, tre o quattro rettangoli colorati, dai contorni fluidi e trasparenti, concatenati l’uno all’altro e sovrapposti.
Per certi versi egli può considerarsi l’anti-Pollock.
I quadri di Rothko sono contemplativi, ideali finestre che si aprono su dimensioni “altre”, intensamente spirituali e misteriose.
Lucio Fontana
Anche Lucio Fontana (1899-1968) volle compiere la ricerca di una dimensione trascendente, compiuta.
I suoi tagli, così come i buchi, tutti ottenuti lacerando superfici monocrome, bianche in genere ma anche rosse o blu.
Il titolo di queste opere, usato spesso da Fontana, è: Concetto spaziale. Attese. Proprio la parola “attese” indica una pausa, un richiamo temporale, ma allo stesso tempo uno stato d’animo, un sentimento, una condizione esistenziale.
Alberto Burri
Alberto Burri (1915-1995) polarizzò il suo interesse sulla vitalità espressiva della materia: Sacchi, Ferri, Legni, Plastiche, Cretti. Le opere di Burri sono molto meditate e per certi versi cerebrali ma tuttavia, come poche nell’ambito dell’Informale, riescono a dialogare direttamente con le nostre viscere.
Le plastiche sottoposte a tortura, ustionate dal fuoco vivo, sembrano raccontare il male, raccontare la guerra con una immediatezza che manca a qualunque riproduzione fedele di un corpo martoriato dalle bombe o dal napalm.
Non c’è componente spirituale meno che mai senso del sacro.
Edward Hopper
Il Novecento è stato un secolo malato, gravato da un malessere oscuro, quello della tristezza e della depressione.
Non solo i dipinti di astrattisti come Pollock e Rothko o di informali come Burri ma perfino i quadri dei grandi pittori figurativi sono gravati da un profondo e dolente senso di abbandono.
Edward Hopper (1882-1967) è stato definito, e in parte giustamente, il pittore della nostalgia e della solitudine.
I suoi personaggi sono spesso immaginati in luoghi di passaggio. Sono persone in transito, in cerca di radici, di stabilità, anche psicologica.
Nei suoi quadri, luoghi, contesti, oggetti, mobili, vestiti sono riconoscibili e familiari; eppure, tutto appare remoto se non addirittura sconosciuto.
Francis Bacon
Anche l’arte di Francis Bacon (1909-1992) è improntata al presente, parla di noi uomini contemporanei, affronta temi e argomenti che ci riguardano da vicino. Siamo umanoidi, più che uomini, eletti a espressione contemporanea del mal di vivere, del degrado fisico e morale, della devastazione interiore: una condizione propria di chi è sull’orlo di un baratro e sta per precipitare.
Bacon sostenne che esistono realtà nascoste, interiori, che un pittore (come fosse un veggente) ha, suo malgrado, la facoltà di riconoscere e il dovere di mostrare.
Marina Abramović
Marina Abramović (1946), in tanti anni di attività, ha affrontato con determinazione ogni tipo di prova fisica e psicologica.
Ha affrontato in tanti anni di carriera temi fondamentali: il dolore, la guerra, la morte, il rapporto con se stessi, la capacità di autodeterminarsi.
La sua è stata, prima di tutto, arte della relazione, come ha magnificamente testimoniato la sua performance più celebre, The Artist Is Present.
Le performance di Marina vanno oltre la rappresentazione, oltre il racconto, oltre l’evocazione. Sono portatrici di verità in un modo diretto, brutale ed efficace che difficilmente altre forme d’arte potranno eguagliare.
Félix González-Torres
L’arte di Félix González-Torres (1957-1996), morto di AIDS a soli 39 anni, è stata ricondotta dalla critica a più di un movimento artistico del secondo Novecento: Neodadaismo, Minimalismo, Concettuale, e questo perché questo artista ha, appunto, lavorato con gli oggetti, realizzando opere minimali che valgono non per se stesse ma per il concetto che esprimono.
La principale fonte di ispirazione di González-Torres è stato Ross Laycock, il compagno morto proprio di AIDS nel 1991: «Quando la gente mi chiede chi sia il mio pubblico, rispondo onestamente, senza girarci intorno, Ross. Il mio pubblico era Ross».
Félix affronta, con piena consapevolezza, e affidando all’arte una funzione catartica, il tema della morte, non tanto riflettendo sulla propria, futura e inevitabile, ma abbracciando, affettivamente ed emotivamente, l’esperienza dolorosa della perdita di chi si è amato.
Ron Mueck
Il fenomeno dell’Iperrealismo, sorto negli anni Sessanta, ha continuato ad avere fortuna, e ancora ai nostri giorni vi sono pittori e scultori iperrealisti che sbalordiscono per i prodigiosi risultati della loro tecnica.
Tra questi, si distingue, per l’intensità e l’originalità del suo lavoro, lo scultore Ron Mueck (1958).
Attraverso le sue opere, Mueck racconta la fragilità dell’uomo moderno, che ha varcato la soglia del XXI secolo ma forse non sa ancora dove andare.
Il loro impressionante realismo unito alle dimensioni alterate provoca nello spettatore un senso di stupore e di spiazzamento, misto a imbarazzo e fastidio. La ricerca della bellezza classica e idealizzata è lontanissima dai suoi intenti. L’arte di Mueck parla solo di verità e di normalità.
Damien Hirst
Nessuna stagione, quanto quella novecentesca, ha così ossessivamente riflettuto sul tema della fragilità umana, della fugacità della vita, dell’incombenza della morte: nemmeno l’età medievale, nemmeno l’età barocca.
Negli ultimi anni, pochi hanno affrontato questo argomento così doloroso in modo più diretto, estremo e disturbante di quanto abbia fatto l’artista inglese Damien Hirst (1965). L’arte di Hirst è diretta, esplicita, un vero e proprio pugno nello stomaco.
L’obiettivo di Hirst è quello di riflettere sulla fragilità irreparabile di ogni essere vivente, fatto di carne e viscere, e nel contempo di esorcizzare la paura della morte, mostrandola al pubblico come un aspetto ineluttabile della vita stessa.
La classifica dei Musei più visitati al mondo
Ecco di seguito la classifica completa dei musei più visitati al mondo (dati del 2021 raccolti dalla Themed Entertainment Association (TEA/AECOM) ed elaborati da Statista):
Louvre (Parigi) – 2.83 milioni di visitatori
Museo Nazionale cinese (Pechino) – 2.38 milioni
Museo della Scienza e della Tecnica (Shanghai) – 2.37 milioni
Museo della Scienza e della Tecnica cinese (Pechino) – 2.36 milioni
Museo di Nanchino (Nanjing) – 2.06 milioni
Metropolitan Museum of Art (New York) – 1.96 milioni
National Gallery of Art (Washington D. C.) – 1.71 milioni
Hermitage (San Pietroburgo) – 1.65 milioni
Reina Sofia (Madrid) – 1.64 milioni
Musei Vaticani (Città del Vaticano) – 1.61 milioni
Articolo completo tratto da Esquire.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto 2022.
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