Fascino, savoir faire e torinesità: la collezionista modello Patrizia Sandretto Re Rebaudengo
La collezionista "attivista" torinese apre a Firenze la sua collezione
Collezionista, manager dell’arte, mecenate. Uno delle persone (fra le poche italiane) più influenti nel mondo dell’arte contemporanea. Tutto questo è Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
Palazzo Strozzi ha deciso di celebrare i 30 anni della sua collezione con una sontuosa mostra (fino al 18 giugno 2023).
Cattelan, Hirst, Kentridge, Sherman: oltre settanta opere per celebrare, appunto, il trentennale della Collezione Sandretto Re Rebaudengo.
Una sala è dedicata al “Made in Italy”; una ai “Bodies” ed è quasi interamente dedicata all’arte femminile.
Ma ce ne sono altre sette tra il piano nobile di Palazzo Strozzi e la Strozzina dove la fa da padrone la video arte, e sono parte di Reaching for the stars.
C’è anche un’opera site specific: si trova nel cortile, s’intitola Gonogo ed è un avveniristico razzo lanciato verso il cielo che firma l’artista polacca Goshka Macuga.
Arturo Galansino, direttore generale di Palazzo Strozzi e curatore della mostra, afferma che “segue un andamento crono-tematico: sono stati il tempo e i temi trattati a suggerire la scelta delle opere portate qui a Firenze da Torino dove ha sede la Fondazione Sandretto”.
Nella sala 1 God Save the Queen: 1000 Names (1983) di Anish Kapoor, la claustrofobica The acquired Inability to Escape. Inverted and Divided (1983) di Damien Hirst, una stanza da cui è impossibile scappare, Arianne 5 (1997), ritratto al contrario di Glenn Brown e due opere di Sarah Lucas evocative di un femminile mercificato.
Nella sale 2 Art Matters: Viral Research di Charles Ray.
La sezione del Made in Italy: lo scoiattolino di Maurizio Cattelan, di cui va segnalata anche Lullaby (1994) dedicata all’attentato di mafia del ‘93 a Milano, al celebre orso di Paola Pivi, Have you seen mee before? (2008).
Da segnalare un Disegno di Vanessa Beecroft del 1995: una donna rossa con forme contorte alla Schiele.
Al tema dell’identità è dedicata una sezione dove, a parte le foto di Cindy Sherman, l’opera Faceless from women of Allah Series (1994) di Shirin Neshat ritrae una guerriera di Allah.
Altra sezione è Places: con le stelle (1990) di Thomas Ruff e una surreale, perché senza traffico e vuota, Times Square del 2000 fotografata da Thomas Struth.
Chi è Patrizia SRR
La storia di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è conosciuta da tutti gli operatori del settore, forse meno al pubblico mainstream.
Dopo la laurea in Economia e Commercio all’Università di Torino scopre l’arte contemporanea negli anni Novanta e, da quel momento, non la lascia più.
Nel 1992 a Londra, durante un viaggio, compra uno dei suoi primi pezzi importanti: Blood Stone di Anish Kapoor.
Nel 1995 ha creato la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con lo scopo di diffondere e valorizzare l'arte contemporanea.
Ad oggi la FSSR ha seda a Torino, Guarene e Venezia, con progetti in Spagna.
I 30 anni della collezione, varie iniziative (via Exibart);
Una sede a Venezia per la FSRR (via La Repubblica);
Silvio Salvo: il guru dietro la comunicazione di FSRR
Dietro la comunicazione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (FSSR) c’è un vero guru della comunicazione culturale: Silvio Salvo.
C’è chi aspetta ogni giorno i suoi post e chi mente dicendo che non li ha visti. Scherzi a parte, una vera e propria comunicazione fuori dai luoghi comuni.
Ormai Silvio Salvo è un asset fondamentale di FSSR, con il merito di aver portato l’arte contemporanea fuori dal cerchio di una comunicazione istituzionale.
Il capolavoro comunicativo di Silvio Salvo è opera anche della fiducia di Patrizia SRR.
Salvo ricorda un’intervista a Rolling Stone proprio della Sandretto: “Io non ti nego che all’inizio ero preoccupata. Guardavo quello che faceva e pensavo “questo è matto”. Il mondo dell’arte contemporanea in un certo senso è chiuso, ha dei paraocchi molto spessi e dal punto di vista comunicativo sembra che si debba fare tutto in punta di piedi, in silenzio. Poi però ho visto che Silvio faceva questa cosa con una serietà incredibile, con passione e intelligenza, e mi sono fidata”.
L’uso di ironia, sterminata cultura cinematografica e professionismo ha creato uno stile di comunicazione unico e posizionante.
In un’intervista ad Artuu il senso del suo lavoro è spiegato molto bene: “Tutta la strategia social nasce dall’esigenza di ampliare il pubblico dell’arte contemporanea, ma è il nostro magnifico dipartimento educativo che svolge un lavoro fondamentale: attività con le scuole, laboratori per gli adulti, per le famiglie, per i disabili. Sono convinto che per avvicinare un pubblico più ampio, devi fare attenzione al linguaggio che utilizzi a seconda del canale di comunicazione. Il testo di una newsletter deve essere diverso da un comunicato stampa, per esempio. Quando vedo un museo o una fondazione di arte contemporanea copiare e incollare il comunicato stampa in uno status su Facebook, penso che ci sia l’intervento dell’Anticristo. O che ci sia una totale dissonanza cognitiva. Come se si usasse un frigo per cambiare la ruota di una macchina”.
Intervista a Juliet.
Intervista a Zero.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto 2022. Ho 44 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding. Non ho una carriera e sono un pessimo venditore.
Mi trovate anche su Linkedin.