Pasquarosa Marcelli protagonista a Londra: la sua storia
Storia della pittrice protagonista a Londra di una personale.
Fonti: Una Donna al Giorno, Dagospia.
Pasquarosa, definita “fenomeno dell’arte” è stata una pittrice della Scuola Romana.
Pasquarosa Marcelli nasce ad Anticoli Corrado il 9 novembre 1896 da una famiglia di contadini. A sedici anni va a Roma, sull’esempio di una zia, e inizia a lavorare come modella.
Non molto tempo dopo incontra il futuro marito, il pittore Nino Bertoletti, di cui diventa musa ispiratrice.
Il loro matrimonio verrà osteggiato dalla famiglia benestante di lui, ma già da prima di sposarsi i due vanno a vivere insieme nella comunità di artisti di Villa Strohlfern dove la giovane donna comincia a sperimentare con la tavolozza.
Si dedica alla pittura con passione e spontaneità, giungendo a conclusioni molto diverse da quelle del marito.
La sua è un’arte spontanea, ingenua, dallo stile puro e desideroso di trasparenza, chiarezza e naturalezza.
Pressoché analfabeta, si nutre di letture che via via arricchiscono la sua biblioteca personale e la sua arte, permeata da una passione esercitata con una disinvoltura particolarmente apprezzata da una cerchia di amici della coppia, scrittori e artisti, che ne frequentavano lo studio e la casa – come Luigi Pirandello, Emilio Cecchi, Renato Guttuso, Massimo Bontempelli – e che saranno i suoi primi estimatori e sostenitori, in grado d’esprimere la loro identità nella scrittura e nell’arte rispettando “l’identità altrui”.
La sua unione con Bertoletti le permette di entrare nel mondo dell’arte dalla porta principale e, nel 1915, i suoi lavori sono in mostra alla Terza Esposizione Internazionale d’Arte. Una sua opera venne acquistata dalla regina Margherita.
La sua pittura è delicata e spensierata, fatta di piccoli oggetti domestici, usa una tavolozza luminosa e la stesura del colore risulta bidimensionale, in un espressionismo alla Matisse, che suscita da subito il favore della critica che la definisce fenomeno dell’arte.
Nel 1929 è a Londra per una mostra personale alla Arlington Gallery, quando pochissimi italiani, e praticamente solo uomini, avevano una simile opportunità. Si sposta poi a Parigi dove conosce Giorgio De Chirico con cui inizia una fitta corrispondenza.
Tornata a Roma, ottiene una sala personale alla Sindacale del Lazio, partecipa alle Biennali di Venezia e alla IX Quadriennale nazionale d’arte di Roma, del 1965-1966.
Nel 1953 vince il Premio Marzotto. Muore nel 1973 a Camaiore all’età di settantasette anni.
Pasquarosa dipinge senza un’educazione formale, affidandosi al colore con grande disinvoltura. Il suo è un espressionismo vibrante e luminoso.
L’esistenza di Pasquarosa è stata condotta con grande libertà, ha rotto ogni schema dell’epoca, ha viaggiato per tutta la vita.
Il “fenomeno” Pasquarosa, così come Cipriano Efisio Oppo definì la pittrice nel 1918, si è confrontata con tematiche come politica, religione, violenza, ruolo della donna, attraverso l’esercizio della propria professione e, soprattutto, tramite la propria esistenza.
Ha affrontato in prima persona una serie di circostanze ambientali e sociali inconsuete per la sua epoca, tali da renderla un’ideale di pioniera dei movimenti di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne.
Alcuni suoi quadri sono conservati alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e alla Quadreria del Palazzo del Quirinale.
Pasquarosa a Londra presso Estorick Collection
Estorick Collection di Londra, attualmente diretta da Roberta Cremoncini, è un avamposto dell’Arte italiana del XX Secolo piazzato nel cuore dell’elegante quartiere di Islington.
Vi sono conservate opere delle avanguardie storiche principali (Futurismo, Realismo Magico e Pittura Metafisica) oggetto della collezione dei coniugi Estorick.
Ma nello stesso ambito della Modernita’ c’è comunque spazio anche per situazioni che si svilupparono in nicchie abbastanza particolari, spesso in collaborazione con fondazioni ed archivi italiani.
All’Estorick si è infatti appena inaugurata una interessantissima mostra, curata da Pier Paolo Pancotto, che è assolutamente in sintonia con quello che stanno facendo i maggiori musei britannici: recuperare al pubblico le esperienze artistiche femminili dei passati decenni.
E’ dedicata a Pasquarosa e, in questo caso, anche a suo marito Nino Bertoletti (1889-1971).
Pasquarosa volle fortemente passare dal ruolo di modella-musa ispiratrice a quello attivo di artista. E ci riuscì. Venderà sempre piu’ (e meglio) del marito.
I suoi dipinti, in apparenza borghesemente tranquilli (di frequente si tratta di vasi di fiori e nature morte) sono in linea con l’atmosfera del tempo, tra Secessione Romana e Novecento. E non mancano, almeno in alcune opere, delle suggestioni che potrebbero richiamare, in qualche modo, la ricerca di Matisse.
Lei era un’artista che si guardava intorno con attenzione e che sapeva sfruttare con intelligenza le sue debolezze: la sua formazione da autodidatta le consentiva soluzioni formali meno scontate rispetto a molti suoi colleghi.
Insomma, un certo grado di consentita ingenuita’ poteva infatti, quando necessario, significare un linguaggio piu’ libero, spontaneo e vivace.
Il Guardian nella sua recensione la definisce, in questo senso, come: “Italian Fauve Painter”.
Piu’ ancora del mercato sarà la stessa Critica d’Arte che la sapra’ apprezzare in modo davvero speciale. Margherita Sarfatti fu una dei suoi fan.
Esporrà piu’ volte alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Partecipa a Madrid, nel 1928, ad una grande mostra internazionale.
Nel 1929 ha una mostra personale a Londra (cosa niente affatto comune, in quegli anni, per una pittrice italiana) alla Arlington Gallery.
L’ostracismo che nel secondo dopoguerra, per ragioni politiche, lascerà nell’ombra parecchi artisti del gruppo Novecento (in quanto compromessi in qualche maniera con il regime Fascista) non la colpisce.
Un Renato Guttuso, gia’ “intellettuale organico” del PCI, addirittura ne tesse le lodi. La Galleria di Arte Moderna di Roma nel 1958 acquisi’ un suo quadro, “L’Albero” (1950).
Come scrive Pancotto nel catalogo, sono in particolare i letterati italiani ad amare enormemente il suo lavoro.
Oltre ovviamente a Pirandello, troviamo Emilio Cecchi (definisce il lavoro di Pasquarosa come un “fatto intieramente nuovo”), Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli, Olga Ossani Lodi, Paola Masino, Federigo Tozzi, Alberto Savinio, Giovanni Papini (acquisto’ una sua natura morta “Servizio da Te’”).
Qualche parola va spesa per Nino Bertoletti. Il suo lavoro non e’ certo disprezzabile, ma naturalmente il pittore romano non ha il fascino travolgente di Pasquarosa. I ritratti che fece alla moglie pero’ sono significativi e completano mirabilmente la mostra.
Una breve nota anche sull’ambiente artistico della Capitale nella prima meta’ del Novecento: si tende a trascurarlo un po’ troppo, abbagliati forse dalle seducenti luci delle Avanguardie parigine.
Era meno provinciale di quanto molti credono e probabilmente merita di essere rivalutato (beninteso in una prospettiva prettamente culturale e non certo politica).
PASQUAROSA: FROM MUSE TO PAINTER - Estorick Collection pf Modern Italian Art, 39A Canonbury Square.
Magazzino Italian Art: arte italiana nella Hudson Valley
Da Linkiesta, di Giovanna Castelli.
“Un museo di arte italiana nella Hudson Valley sembrava una follia” affermava Paolo Calabrese, direttore di Magazzino italian art al momento della sua inaugurazione nel 2017.
E invece il progetto ha saputo attrarre sia un pubblico locale che una buona fetta della comunità artistica newyorkese, disposta con piacere a concedersi una gita Upstate per contemplare l’Arte povera in un contesto inaspettato, a una ventina di minuti di Uber da Beacon.
Sito Magazzino Italian Art.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto 2022. Ho 45 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat. Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding. Non ho una carriera e sono un pessimo venditore.
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