Le tre collezioniste e filantrope che fondarono il MOMA
Il MoMA di New York fu fondato da tre donne: Abby Aldrich Rockefeller, Lillie Plummer Bliss e Mary Quinn Sullivan.
La nascita del MoMA di New York si deve alla straordinaria visione e alla grande intuizione di tre donne dellāalta societĆ : Abigail āAbbyā Aldrich Rockefeller (Providence, 1874 - New York, 1948), Lillie Plummer Bliss (Boston, 1864 - New York, 1931) e Mary Quinn Sullivan (Indianapolis, 1877 - New York, 1939).
Lāidea venne principalmente ad Abby Rockefeller, moglie dellāimprenditore statunitense John Davison Rockefeller Jr, erede del ricco e omonimo petroliere: āHo iniziato a pensare alle donne che conoscevo a New York City che avevano profondo interesse per la bellezza e che compravano quadri; donne che sarebbero state disposte e che avevano abbastanza fede a contribuire alla creazione di un museo dāarte moderna. La signora Lillie Bliss e la signora Mary Quinn Sullivan erano perfette a questo proposito: ho chiesto loro di pranzare con me e ho esposto loro la questioneā, raccontò Abby nel 1936 ricordando come era partito questo ambizioso progetto.
Le invitò a pranzo un giorno del 1928 e quindi le rese partecipi della sua idea.
Nella prima brochure del MoMA risalente al 1929 era stato specificato infatti che solo New York, tra le grandi capitali del mondo, non possedeva un museo pubblico dove custodire e rendere visibili al pubblico le opere dāarte dei fondatori e dei maestri delle scuole moderne.
Che la metropoli americana non avesse un museo atto a questo scopo era stata definita una āstrana anomaliaā.
Dopo quel pranzo del 1928, Abby Rockefeller, Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan iniziarono quindi a pensare a unāistituzione in cui riunire ed esporre le raccolte dāarte moderna e chiesero ad Anson Conger Goodyear, collezionista ed ex amministratore delegato della Albright Gallery a Buffalo di essere il primo Presidente di quel museo, mentre per il primo consiglio di amministrazione chiamarono la mecenate Josephine Boardman Crane, il giornalista e critico dāarte e del teatro americano Frank Crowninshield e lāuomo dāaffari Paul Joseph Sachs, questāultimo divenuto famoso per aver dato vita giĆ nel 1922 a uno dei primi e innovativi corsi negli Stati uniti sulla gestione di un museo, sia nellāaspetto curatoriale che nellāaspetto finanziario.
Fu Sachs, direttore e curatore della sezione stampe e disegni del Fogg Art Museum alla Harvard University, a occuparsi della ricerca dei curatori e fu lui a suggerire anche il nome di Alfred Hamilton Barr Jr. come direttore del museo, un suo giovane allievo che teneva lāunico corso di arte moderna nel paese.
Passò meno di un anno da quel pranzo e il 7 novembre 1929, poco più di una settimana dopo il crollo di Wall Street, il Museum of Modern Art aprƬ con una mostra dedicata ai maestri moderni negli spazi al dodicesimo piano di un edificio adibito ad uffici, lāHeckscher Building, al 730 della Fifth Avenue di New York: vi erano esposte opere di CĆ©zanne, Van Gogh, Gauguin, Seurat, pilastri per la pittura dei primi del Novecento.
Il museo avrebbe poi cambiato sede diverse volte, fino a spostarsi, nel 1939, nella 53esima strada, sua attuale sede.
Le Vite e le virtù dellāArte provinciale
Tra aneddoti, curiositĆ e qualche cattiveria, divagazioni e note critiche, un viaggio nel tempo e nello spazio, unāincursione negli studi dāartista e nelle osterie dove scambiare idee e materiali, alla ricerca di quellāĀ«Italia senza centro, non unitaria ma molteplice, attraversata da una lingua fresca, croccante, vibrante, contro quella di plastica della globalizzazioneĀ».
Critico e curatore eclettico, rabdomante eterodosso, da anni Luca Beatrice racconta il mondo dellāarte come luogo di scambio simbolico ma anche come teatro di accesi conflitti.
Rimettendo al centro del discorso critico i legami tra personalitĆ artistiche e contesto storico-culturale, tra riflessione ed esecuzione, spinge a rivalutare le tante realtĆ della penisola e la loro capacitĆ di esprimere e interpretare interi universi di senso.
Estratti dal libro di Luca Beatrice āLe vite. Un racconto provinciale dellāarte italianaā.
Roberto DāAgostino
(Roma, 1948. Vive a Roma)
La presenza di Roberto DāAgostino in un libro sullāarte italiana degli ultimi cinquantāanni si può giustificare in diversi modi, a partire dalla sua partecipazione a Quelli della notte, il programma di Renzo Arbore andato in onda su Rai 2 nel 1985.
LƬ il giovane tuttologo, vestito con completi coloratissimi, gialli, verdi, rossi, parlava di Ā«edonismo reaganianoĀ», un modo per lasciarsi dietro il terrorismo e gli anni di piombo, che allāinizio sembra un tormentone finchĆ©, come dice lui stesso, Ā«travalica il piccolo schermo e gli addetti alle opinioni di massa dichiarano che non e solo un goliardico scherzo catodico, ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli anni ottantaĀ», magnificando il romanzo Lāinsostenibile leggerezza dellāessere di un autore dellāEst, Milan Kundera, scomparso nel luglio 2023, ancora sconosciuto in Italia e pubblicato dallāemergente Adelphi di Roberto Calasso.
DāAgostino ĆØ stato, insieme a Paolo Portoghesi (direttore della prima Biennale dāarchitettura a Venezia) e ad Achille Bonito Oliva che scrive Lāideologia del traditore, a Gianni Vattimo (teorico del pensiero debole), il protagonista della rivoluzione postmoderna.
In particolare, Dago ne parla nel mezzo più popolare, la televisione, e dunque raggiunge un pubblico molto ampio.
Non solo Arbore. Dago si inventa anche Sbucciando piselli, il volume del 1990 scritto a quattro mani con Federico Zeri, grande storico dellāarte che detestava lāaccademismo, esibizionista a suo modo, e ospite fisso di Gianni Ippoliti in Q come cultura negli stessi primi anni novanta in cui stava emergendo la potenza comunicativa di Vittorio Sgarbi.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto 2022.
Ho 44 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup ArtĆ porter e della societĆ di consulenza Feelthebeat.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding.
Non ho una carriera e sono un pessimo venditore di me stesso.
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