La storia della manifattura Lenci come dialogo fra artisti ed industria
Il marchio torinese ha rappresentato per un decennio il meglio della produzione in serie.
Ci si stupisce sempre della caducità delle cose e della vita umana. Ma come muiono gli uomini possono morire anche i brand, anche se hanno rappresentato l’eccellenza.
E purtroppo a Torino è successo molte volte.
La storia della manifattura Lenci di Torino è esemplificativa; capace di portare l’arte nella produzione della ceramica per poi scomparire a seguito di vicende umane e terrene.
La Galleria Sabauda di Torino, grazie alla donazione di Giuseppe e Gabriella Ferrero, espone 132 pezzi della manifattura Lenci.
Da notare che il motto dell’azienda «Ludus est nobis costanter industria» ricalca il nome L.E.N.C.I..
La storia: dalle bambole alle ceramiche
Il marchio “Ars Lenci” venne depositato a Torino il 23 Aprile 1919, data simbolica che tuttavia definisce temporalmente un’attività cominciata già qualche tempo prima da Helen Konig, moglie del proprietario Enrico Scavini.
Konig iniziò a a realizzare bambole di stracci come attività terapeutica alla perdita prematura della figlia. Scavini trasformò questo passatempo in una vera e propria attività, ideando un sistema per pressare a vapore le falde in feltro, usate da Konig per la creazione delle bambole, in stampi metallici.
Anche l’origine del termine Lenci è dovuta alla moglie di Scavini, dal gioco di parole del diminutivo di Helen (chiamata affettuosamente Elenchen dal padre e storpiato da lei bambina in “Lenci”).
L’avventura commerciale delle bambole disegnate dalla Scavini, con la collaborazione degli artisti Sandro ed Emilio Vacchetti, sotto il marchio Lenci, iniziò cosi nell’Italia tra le due guerre.
Il successo nazionale giunse in poco tempo data l’ottima manifattura delle bambole e presto la distribuzione dei prodotti Lenci si allargò persino internazionalmente: oltre all’Europa, le bamboline ebbero successo anche negli Stati Uniti, in Giappone e in Australia.
Nel 1923 il primo negozio Lenci aprì a Milano, in Galleria, e nello stesso anno si diede avvio ad una serie di esposizioni delle bambole in Biennali ed Esposizioni Internazionali d’Arte.
Il successo della Lenci in quegli anni fu dovuto specialmente all’eleganza e alla finezza con la quale le bambole erano dipinte.
La progressiva affermazione e la popolarità del marchio furono dovuti alla qualifica degli artisti e tecnici quali Giovanni Spertini, già attivo alla Lavenia con Andloviz, Lionello Franchini, e Clare Burchart, ceramista per Rosenthal, ma anche alla presenza di un immenso patrimonio di schizzi, disegni e bozzetti creati dai collaboratori coinvolti, come Marcello Dudovich, trasformati poi in fini ceramiche.
L’enorme successo artistico e il valore che acquisirono le bambole ebbe però anche un effetto boomerang: dal 1925 imitazioni delle Lenci iniziarono ad invadere il mercato.
Fortunatamente, l’idea di creare un nuovo prodotto, in ceramica, era già maturata all’interno della casa torinese.
Il vero trampolino di lancio della ditta fu però l’esposizione, nel 1929, di novantacinque pezzi presso la Galleria Pesaro a Milano; occasione che riscosse l’interesse della critica.
Numerose recensioni positive sulle ceramiche furono pubblicate, sopratutto da parte del Corriere della Sera.
La crisi del marchio
Gli apprezzamenti della critica non riuscirono però a salvare la Lenci dalla crisi dovuta al crollo dei mercati internazionali, in particolare dal crollo del mercato statunitense del ’29.
Dal 1933 i fratelli Garella subentrarono nella gestione della Lenci, rilevando completamente la proprietà nel ’37 e dando inizio ad una gestione meno innovativa e pionieristica, che comunque si affidò e appoggiò ai principali artisti: Mario Sturani, Felice Tosalli, Gigi Chessa e Abele Jacopi.
Sandro Vacchetti fonderà negli stessi anni una nuova manifattura, la Essevi.
Helen Konig Scavini, una volta ceduta l’azienda ai fratelli Garella nel 1937, viene assunta per cinque anni dall’azienda in qualità di direttore artistico; nel 1938 muore il marito ed ex-socio e dal 1941 interrompe la sua attività di ceramista. Morirà a Torino nel 1974.
Nell’ultimo periodo produttivo vennero realizzati pochi nuovi pezzi di alto impegno e livello, come Mamma Sirena, creata sempre su disegno di Helen Konig; e si puntò soprattutto a riproporre i pezzi più noti, affiancandoli ai costumi regionali e ai più moderni personaggi di Walt Disney.
Gli artisti Lenci
Dalla ditta passarono dei veri e propri maestri della ceramica che fecero scuola a partire dalla fondatrice Helen Konig passando per scultori, litografi, pittori, pubblicitari che dedicarono parte della loro carriera alla creazione di queste raffinate ceramiche.
Tra i più importanti ricordiamo:
Helen Konig Scavini: Nel 1919 fondò con il marito Enrico Scavini l’azienda «Ars Lenci», iniziando a produrre le celebri bambole in panno colorato. Nel 1928 iniziò con la produzione di ceramiche artistiche.
Ceduta l’azienda ai fratelli Garella, nel 1937 Helen Konig venne assunta per cinque anni dall’azienda in qualità di direttore artistico; nel 1938 muore il marito Enrico e dal 1941 interrompe la sua attività di ceramista. Muore a Torino nel 1974.
Sandro Vacchetti: Dal 1919 iniziò a modellare per Lenci le testine per le famose bambole in panno. Assunse la direzione artistica Lenci fino al 1934, anno in cui diede avvio alla proprio manifattura, la Essevi.
Felice Tosalli: Sul finire degli anni ’20 inizia la sua collaborazione con Lenci per la quale esegue soprattutto figure di animali. Tosalli coniuga suggestioni mitologiche all’animalismo tedesco e danese di Rosenthal e Copenaghen, che furono le culture nordiche ceramiste di riferimento.
Abele Jacopi: dal 1934 lavorò assiduamente per la manifattura Lenci. Importante è la statua realizzata per il Duomo di Milano di San Contardo Ferrini.
Gigi Chessa: abile incisore e acquafortista, dal 1922 iniziò a collaborare con la Lenci, per la quale eseguì disegni di ceramiche. Fu Chessa ad allestire il padiglione Lenci alla Triennale di Monza del 1923, disegnandone anche i tappeti e il mobilio.
Fonte: Cambi Conversations.
Fonte: Wikipedia.
I luoghi di Torino legati a Lenci
Via Gian Domenico Cassini 7 era la sede della manifattura Lenci, che qui si trasferisce negli anni Venti dai locali originari di via Marco Polo 5.
Lo stabilimento nel 1930 impiega 600 dipendenti e richiama artisti di fama mondiale, impiegati nella produzione delle bambole e delle ceramiche d’arredo.
Inaugurazione: 1920 - 1929; Bombardamento: 01 Dicembre 1942; Bombardamento: 04 Giugno 1944.
La Lenci, negli anni Quaranta del Novecento, aveva un negozio in piazza Castello 33, mentre la sede della fabbrica si trovava in via Cassini 7, dove, attualmente, è presente un condominio a uso abitazione e uffici.
La fabbrica, che occupava 100 locali, fu colpita in due occasioni dalle incursioni aeree alleate.
Una bomba incendiaria causò la distruzione del basso fabbricato; la parte restante dello stabile fu sinistrata con scoperchiamento del tetto, crollo di volte e muricci, danni sensibili agli infissi provocati da bomba dirompente.
Al dicembre 1944 risultava un parziale ripristino dei locali.
Fonte: Museo Torino.
Chi sono
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