Jon Rafman fra trash contemporaneo ed Intelligenza Artificiale
L'artista canadese utilizza l'Intelligenza Artificiale per mostrarci un mondo trash.
Parlavamo nella scorsa newsletter di Generative AI. In questa uscita presentiamo un artista che la utilizza per creare arte, sostanzialmente confermando il ruolo della AI come “potenziatore” di creatività e abilità tecniche.
Jon Rafman è un artista, regista e saggista canadese. Il suo lavoro è incentrato sull'impatto emotivo, sociale ed esistenziale della tecnologia sulla vita contemporanea.
Nato a Montreal nel 1981, può essere considerato il messia delle culture e sottoculture digitali, capace di rivelare desideri, ossessioni e feticismi legati all'avvento delle nuove tecnologie.
Le opere di Rafman sono arrivate in Italia ad aprile 2018 presso la Palazzina dei Giardini di Modena, con un’ampia personale dall'enigmatico titolo Il viaggiatore mentale (organizzata dalla Fondazione Fotografia Modena insieme alla Galleria Civica di Modena).
L’artista è poi tornato in Italia con il trittico Egregore, presentato all’interno della mostra ₳Ɽ฿ł₮ɆⱤ Ø₣ ₩ØⱤⱠĐ₴ presso Ordet, a Milano.
Il trittico “Egregore” è composto da immagini trovate in rete e modificate che danno forma a un diorama delirante: violenza, sesso, grottesco, demenziale, gif che mescolano 4chan, Reddit, Tumblr, Rotten e i meme.
Il suo account Instagram è il principale canale di comunicazione.
Jon Rafman a Milano (via Rivista Studio);
Domenico Quaranta sulla mostra milanese di Rafman (via Il Giornale dell’Arte);
Balenciaga e Rafman (via Vice).
"Presence is the key. Now is the answer."
Il “cattivo gusto” della GenZ influenzerà anche l’arte?
La newsletter LetMeTellIt analizza il fenomeno dell’attrazione per il trash della GenZ, insomma i giovanissimi.
Dopo la moda ne verrà influenzata anche l’arte contemporanea?
Cosa scrive la newsletter.
I giovani di oggi si divertono a celebrare tutto ciò che potrebbe essere universalmente riconosciuto come brutto. Ma non si parla solo di moda: lo stesso fenomeno lo si può osservare anche nel design o nella gastronomia.
Nuovi brand sfidano i canoni estetici che hanno imperversato nei feed degli utenti negli ultimi anni e fanno una proposta piena di surrealismo e dadaismo. Insomma, l’interesse per tutto ciò che non è propriamente aesthetically pleasing racconta la nascita di questi marchi.
I giovani cercano una propria identità, e che si pone in netta contrapposizione rispetto al passato. Come a voler dire che l’estetica tipica dei Millennial ha stancato, o forse è un rifiuto di tutto ciò che è fin troppo stilizzato, confezionato e sempre meno interessante.
Certo, c'è una tale diversità di stili e gusti visivi che si evolvono così velocemente che diventa sempre più difficile tenere traccia di cosa è davvero bello e cosa non lo è. Le generazioni più giovani, sia la Gen Z che la Alpha, i consumatori di domani quindi, non sono più attratte dalla finzione patinata da social network: la caratteristica più ricercata ora è l’autenticità.
Anche gli influencer appartenenti a questa nouvelle vague cercano di sovvertire i preconcetti esistenti, anche sui social. Vedi emma chamberlain.
I look perfettini, impomatati e tanto amati dai Millennial, quelli di brand (soprattutto DTC) come Allbirds, Harry’s, MVMT, Warby Parker, Huel, ma mettiamoci anche Chiara Ferragni, iniziano a stancare e stancano soprattutto le palette di colori color pastello, le foto patinate, l'approccio safe ai contenuti.
Ecco così emergere marchi come DollsKill, DADA, Everyday Humans, Studs, Bonbuz, Offlimits, la cui proposta estetica rasenta il surreale. Ma piace.
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Questa nuova tendenza è emersa anche grazie all'esplosione di TikTok, un social network in cui i giovani hanno trovato libero sfogo alla propria libertà d’espressione. Un luogo dove le rarità, le imperfezioni sono considerate un plus e non qualcosa da nascondere.
La perfezione spiattellata sui social ha portato spesso ad atteggiamenti tossici e diventata fonte di ansia e sensazione di inadeguatezza. In un certo senso, questi nuovi brand vogliono essere liberatori, anzi, poiché denunciano qualsiasi tipo di stereotipo.
I brand che elogiano questi nuovi canoni di bellezza li possiamo trovare in settori anche piuttosto diversi tra loro: moda, accessori, cibo, beauty, ma tutti sembrano avere caratteristiche comuni, che prendono ispirazione a piene mani dagli anni ‘90, con combinazioni di colori accesi o fluo, caratteri tipografici sovradimensionati, elementi grafici astratti. I contenuti si basano su meme, l’ironia dilagante e un copy borderline.
Basterà a sdoganare il brutto a livello globale?
Quindi anche gli artisti della GenZ ne saranno influenzati? Ai posteri l’ardua sentenza.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto. Ho 43 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat. L’ultimia mia follia si è chiamata DIFFUSISSIMA.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding.
Non ho una carriera e sono un pessimo venditore di me stesso.
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