Essere Jeffrey Deitch: l'uomo che passò da Rivoli
Personaggio eclettico del mondo dell'arte, ha ricoperto diversi ruoli.
Jeffrey Deitch è un gallerista e curatore d'arte statunitense.
Noto soprattutto per la sua galleria Deitch Projects e per aver curato mostre innovative come Lives e Post Human, Deitch è stato direttore del Museum of Contemporary Art di Los Angeles dal 2010 al 2013.
Il suo approccio molto orientato al business, lo portò nel 2017 a creare con Uniqlo un progetto artistico chiamato Arts for All.
Molto vicino alla visione di Artàporter, l’obiettivo era portare oggetti d’arte fuori dai luoghi comuni dell’arte contemporanea stessa.
Una serie di prodotti realizzati da artisti, ma low budget, venduti in prima battuta nei negozi di bandiera di New York (in città ce ne sono tre, uno a Soho, uno sulla Trentaquattresima strada e l’ultimo sulla 5th Avenue).
Il progetto Arts for all è un “negozio nel negozio”.
Arts for All: oggetti democratici
Oltre ai capi di abbigliamento firmati dagli artisti, i visitatori parteciparono ad una serie di eventi che si svolgono in tandem con la galleria Deitch Projects, sempre a Soho, con artisti come gli street artists AIKO e Daze.
Arte per tutti è un chiaro omaggio a Gilbert & George, la celeberrima coppia di artisti inglesi che adottò questo motto fin dall’inizio del sodalizio, verso la fine degli anni ’60, nei tempi in cui entrambi frequentavano la scuola Central St. Martin di Londra.
In occasione del primo appuntamento nel programma Arts for all furono esposte, in un display storico, le opere realizzate nel 1980 in occasione del mitologico Times Square Show.
La grande mostra nel distretto del divertimento e della pornografia di New York, aveva infatti tra gli altri obbiettivi quello di democraticizzare la fruizione dell’arte, metafora degli intenti e dei valori che la linea Uniqlo-Deitch voleva offrire al proprio pubblico.
https://www.uniqlo.com/us/en/special/artforall/
Perchè Post Human è stata una mostra fondamentale
Post Human ha segnato la storia non solo per una questione lessicale, ma anche per aver riunito per la prima volta artisti che stavano cercando di dare una forma figurativa a questa nuova concezione di uomo, con esiti puntualmente inquietanti.
La mostra si tenne tra il 1992 e il 1993, prima al Museo di Arte Contemporanea di Losanna, poi in Italia, al Castello di Rivoli, e ha acceso i riflettori su un modo di fare arte radicalmente nuovo, sia dal punto di vista delle forme che delle modalità espressive.
Nell’introduzione al catalogo Deitch traccia un quadro di prospettive e timori che anticipa alcuni temi caldi del dibattito postumanista che si sarebbe sviluppato di lì a poco ponendosi una domanda che ancora oggi resta senza risposta: questo cambiamento significherà la fine dell’umanità o l’avvento di una nuova era in cui avremo la libertà di riprogettarci e riconnetterci all’ecosistema in maniera più costruttiva?
Con l’obiettivo di stimolare una riflessione su quale sarà il futuro dell’uomo (e di conseguenza anche quello dell’arte) Post Human ha cercato di sviscerare le implicazioni delle rivoluzioni di cui sopra: dall’estensione delle facoltà cerebrali umane attraverso le tecnologie ai progressi della genetica, dalla chirurgia plastica al cambiamento climatico, fino all’impatto di tutto questo sulla nostra cultura e sulla società.
Lo ha fatto attraverso le opere di 36 artisti, allora giovani, oggi dei veri e propri big del contemporaneo, accomunati da due elementi in particolare: l’ossessione per il corpo e un uso smodato del Senza titolo.
Jeffrey Deitch si accorse che nel mortificare il corpo in maniera fisica e psichica artisti come Mattew Barney, Christian Marclay, Jeff Koons, Kiki Smith, Jeanine Antoni e Damien Hirst non stavano solo producendo un’arte figurativa degna di nota, ma stavano reinventando il modo stesso di fare arte.
I modelli a cui attingevano si moltiplicavano di pari passo con le possibilità espressive: ci si ispirava alla grande arte del passato come ai talk show televisivi, si faceva appello alla microbiologia come all’ingegneria informatica e qualsiasi medium era lecito pur di tracciare nuove possibili esistenze.
Il sito personale di Deitch;
Post Human (via Castello di Rivoli)
L’Arte può ancora cambiare il mondo? (via Flash Art, 1992)
Baby Artisti grande bluff?
Andres Valencia è un ragazzino di 11 anni che vive a San Diego con i genitori e una sorella.
Nell’ultima edizione di Art Miami ha fatto parlare molto di sé.
La Chase Contemporary Gallery di New York ha portato nella fiera i suoi dipinti: hanno fatto furore. Bernie Chase, il gallerista in questione, è un ricco venditore di auto di lusso con la passione per l'Arte ed è molto ben introdotto nel jet-set americano (rappresenta tra l'altro anche Ronnie Wood, il bassiste dei Rolling Stones).
Leggi Antonio Riello per Dagospia.
La storia Rat Park Magazine
Siamo sei amici sparsi tra Firenze, Torino, Roma, Bologna e Londra.
Mettendo insieme le nostre passioni e le conoscenze apprese durante i nostri differenti percorsi di studio, abbiamo deciso di creare un magazine di approfondimento culturale, ispirati ad una serie di esperimenti su socialità e dipendenze degli anni '80.
Rat Park ci ha mostrato la possibilità di portare avanti scelte sociali e ambientali in grado di creare i presupposti migliori per l’integrazione.
Dagli esperimenti di Alexander, chiamati appunto Rat Park, e dalle sue conclusioni, abbiamo tratto le basi per la filosofia del nostro progetto: la volontà cioè di creare uno spazio di condivisione culturale e di punti di vista.
Socialità, connessione, rete e dialogo in un mondo che, come ratti ingabbiati, ci vede sempre più isolati nel nostro sterile individualismo.
Mission
Il nostro obiettivo è amplificare storie e voci, concentrandoci su analisi, racconto, comprensione e cambiamento.
Vogliamo approfondire varie tematiche culturali in modo innovativo, seducente e provocatorio.
Rat Park non si pone come giudice, ma testimone e interprete.
Vision
In una visione a lungo termine vediamo Rat Park come spazio di condivisione culturale e sociale, di armonie e di contrasti e di scambio di idee tra giovani e generazioni.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto. Ho 44 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding. Non ho una carriera e sono un pessimo venditore.
Mi trovate anche su Linkedin.