La generative AI è la next Big Thing dell'arte contemporanea?
Intelligenza Artificiale che crea contenuti e quindi anche opere d'arte. Ma non è così semplice.
Generative AI è la nuova formula magica della Silicon Valley, alle prese con crisi e tagli del personale.
Ma in cosa consiste? In parole povere è l’utilizzo della potenza di calcolo e di apprendimento dell’Intelligenza Artificiale per la creazione di contenuti scritti o visivi come testi, immagini, video.
Irene Mingozzi spiega molto bene la portata di questa innovazione tecnologica. Invitiamo a leggere il suo post per capire la portata dell’onda generativa in ambiti creativi e aziendali.
Ma la Generative AI sostituirà gli artisti? Ovviamente no.
Come spiegato bene nel post della Mingozzi, le nuove piattaforme rappresentano un supporto da zero a uno (idea-prototipo) combinando a costi bassi e velocemente immensi archivi digitali.
Ma l’arte contemporanea, ovviamente, non è solo produzioni di immagini in serie o di video.
Oggi l’artista contemporaneo non vende una tecnica, vende il proprio punto di vista sul mondo. E come lo fa è del tutto irrilevante se trova un pubblico interessato ad acquisire la “sua” visione del mondo.
Le diverse piattaforme generative diventeranno un supporto o mezzi di creazione, senza ovviamente sostituire l’artista.
Anche perchè l’intelligenza artificiale è appunto artificiale, quindi generando non applica nessun sentimento, intuizione, vissuto. Non ha opinioni politiche.
La generazione è a livello algoritmico, quindi teoricamente neutra.
Ma chi compra arte contemporanea compra prima di tutto un vissuto umano, un brand personale, un modo di vedere e di pensare.
Posso, in parole povere, comprare il lavoro di Damien Hirst realizzato attraverso il supporto di piattaforme generative. Ma immagini o lavori fatto sullo “stile” di Damien Hirst realizzati da un computer avrebbero lo stesso valore delle cartoline vendute sulle bancarelle.
E non sarebbero arte ma mero decorazione. E così per video, film, liriche.
Link interessanti
A Creative New World (via Sequoia Capital)
A Coming-Out Party for Generative A.I., Silicon Valley’s New Craze (via NY Times)
L'intelligenza artificiale crea videoclip musicali straordinari (via Wired)
Il portale dell’Intelligenza Artificiale.



L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica
Parlando di Generative AI è bene recuperare il saggio di Walter Benjamin.
Il soggetto e i temi del saggio influenzarono vastamente campi come la storia dell'arte e la teoria dell'architettura, gli studi culturali e quelli sul ruolo dei massmedia.
Negli anni del regime nazista in Germania, Benjamin volle produrre una teoria dell'arte che fosse utilizzabile per la formulazione di esigenze rivoluzionarie nella politica culturale.
Nell'epoca della riproduzione meccanica, tali esigenze, nonché l'assenza del valore tradizionale e rituale dell'arte, avrebbero fatto sì che la produzione artistica fosse intrinsecamente basata sulla prassi della politica.
Del saggio esistono 5 differenti versioni, a vario livello di incompiutezza, elaborate da Benjamin tra il 1935 e il 1939: 4 in lingua tedesca; una in francese, l'unica pubblicata dall'autore vivente, con la traduzione di Pierre Klossowski, ma sconfessata dall'autore per i tagli redazionali apportati senza il suo consenso e le manipolazioni del suo pensiero.
Secondo il filosofo la riproduzione ripete l'opera d'arte sottraendole l'autenticità, che ne costituiva nel passato la caratteristica fondamentale, l'essenza stessa dal punto di vista della fruizione, che si trasforma in consumo.
Da evento irripetibile l'opera si trasforma attraverso la moltiplicazione delle riproduzioni.
Questo fenomeno è strettamente collegato con l'avvento della società di massa, la cui forma artistica caratteristica è il cinema.
Riflessioni che tornano fortemente di attualità con l’evoluzione quasi “genetica” della riprodicibilità, diventata appunto generazione autonoma da parte di algoritmi.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto. Ho 43 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat. L’ultimia mia follia si è chiamata DIFFUSISSIMA.
Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding.
Non ho una carriera e sono un pessimo venditore di me stesso.
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