L'Arabia Saudita sta investendo molto sull'arte contemporanea
Non solo calcio e intrattenimento. Anche l'arte contemporanea per il Regno saudita.
Testi originali da Artribune.
Da minuscolo villaggio di pescatori sul Mar Rosso, fondato oltre 2.500 anni fa, Jeddah acquistò importanza con l’avvento dell’Islam, come porto per i pellegrini in viaggio verso la Mecca.
Dopo alterne vicende in termini di prosperità, si è ormai affermata come centro finanziario e commerciale nel Regno dell’Arabia Saudita e, da alcuni anni, si è scoperta meta turistica di rilievo. È adesso al centro di un progetto culturale di ampio respiro che va dalla storia all’arte contemporanea.
L’Arabia Saudita sta emergendo come un possibile polo culturale nella regione.
Il calcio, i concerti e gli eventi tecnologici e sportivi sono diventati veicoli di propaganda ed intrattenimento, soprattutto per la giovane maggioranza della società saudita.
Ma l’impegno nel calcio non è solo di Riyad. Affermando il proprio impegno nello sviluppo del calcio, Stati Uniti, Giappone e Cina hanno adottato strategie che includono l’attrazione di giocatori di fama mondiale nel tentativo di rinvigorire questo sport.
Tuttavia, nonostante tali sforzi, nessuno di questi paesi ha ancora raggiunto successi significativi a livello internazionale nel mondo del calcio.
La mancanza di una spiegazione univoca sulla difficoltà di promuovere il calcio in un determinato paese è spesso dovuta a una serie di fattori complessi.
Questi includono la cultura calcistica locale, la presenza consolidata del calcio e persino il sistema politico, che esercita un’influenza su decisioni cruciali in tutti i settori, compreso lo sport.
Stessa metodologia avverrà per il mondo dell’arte?
Il Ministero della Cultura Saudita lancia una call per artisti emergenti del digitale in tutto il mondo: l’invito è a candidarsi al programma del centro di New Media Art che aprirà a fine anno vicino a un sito Unesco.
“A metà strada tra arte e tecnologia, la New Media Art è uno dei movimenti creativi più entusiasmanti di oggi. Con la tecnologia che continua a svilupparsi a un ritmo esponenziale, le possibilità creative di questo campo dinamico continuano a crescere giorno dopo giorno”.
A parlare è Ibrahim Alsanousi, Ceo ad interim della Commissione Musei dell’Arabia Saudita, Paese in piena espansione in ogni campo che non poteva lasciarsi sfuggire proprio quello tecnologico legato alle arti: è in cantiere un centro dedicato, il Diriyah Art Futures (DAF), che aprirà sul finire dell’anno per ospitare studiosi e artisti del digitale.
E poi la terza edizione della rassegna di Land art ambientata nella regione desertica di AlUla coinvolge quindici artisti, tra cui l’italiano Giuseppe Penone, invitati a rivelare tutto ciò che non possiamo immaginare del deserto.
È il deserto di AlUla, in Arabia Saudita, a ospitare, ormai da qualche anno, uno degli eventi artistici più spettacolari del mondo. Desert X AlUla nasce dalla collaborazione tra Desert X, biennale evento che si tiene nella californiana Coachella Valley, e la Royal Commission for AlUla: la mostra si inserisce nel più ampio piano di sviluppo della regione che prevede, entro il 2035, l’edificazione di un complesso museale con gallerie e spazi espositivi, volto a proteggere e preservare il sito di AlUla, nella zona in cui sorge anche l’antica città di Mada’in Salih, primo sito Patrimonio Unesco dell’Arabia Saudita.
Tutti i processi di diversificazione rientrano in Vision 2030 .
Questo progetto (o meglio questa aggregazione di grandi progetti) e sta andando avanti senza ritardi con l’obiettivo di cambiare radicalmente faccia all’economia e allo sviluppo di questo Paese da 35 milioni di abitanti che può beneficiare in questa fase storica di una età media della popolazione molto bassa.
Il cambiamento riguarda la sostenibilità, riguarda la qualità della vita, riguarda un ambizioso sviluppo immobiliare, la rigenerazione urbana, il turismo, i musei, la creatività e la cultura. E auspicabilmente ‒ ma anche prevedibilmente ‒ il cambiamento riguarderà anche i diritti della popolazione, delle minoranze, delle donne, dei detenuti.
Non potrà che andare così se davvero l’amministrazione di Riyadh vorrà prosperare.
Link interessanti:
Il ruolo dell’Arabia Saudita nel mondo dell’arte;
Sito ufficiale di Neom;
La Pop Art conquista Bilbao
Testo originale da Sky Arte.
La Pop Art si impone come movimento artistico nel Regno Unito alla fine degli anni Cinquanta, per poi radicarsi negli Stati Uniti come risposta all’arte "colta”, rappresentata dall’onda dell'Espressionismo astratto.
Che si trattasse di una glorificazione dei miti della cultura di massa, o di una critica alla società contemporanea, la Pop Art statunitense ha dato vita ad alcuni dei pezzi più iconici della storia dell’arte: gran parte di questi sono in mostra dal 16 febbraio al 15 settembre al Guggenheim Museum di Bilbao.
Composta da oltre quaranta opere provenienti dalla collezione del museo, Simboli e oggetti. Pop Art della Collezione Guggenheim riunisce una selezione dei più influenti artisti del Novecento (arricchita da alcune proposte contemporanee che ampliano l’eredità del movimento): dai celebri dipinti “a fumetti” di Roy Lichtenstein a Claes Oldenburg, da James Rosenquist all’immancabile Andy Warhol.
E poi gli assemblaggi di Robert Rauschenberg, composti da cartone, plastica e rottami.
Spostandoci verso l'Europa, troviamo invece i manifesti dell’italiano Mimmo Rotella, e le ceramiche della francese Niki de Saint Phalle.
Elemento nevralgico dell’esposizione è l'installazione monumentale di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, Soft Shuttlecock (1995).
Creata appositamente per la rotonda del Guggenheim Museum di New York, l’opera rappresenta un gigantesco volano da badminton, le cui enormi dimensioni rimpiccioliscono ironicamente l’imponente struttura dell’edificio.
IL GUGGENHEIM MUSEUM E LA POP ART
La storia del Solomon R. Guggenheim Museum e della Pop Art si intrecciano fin dagli albori: è proprio al Guggenheim di New York che, nel 1963, il curatore britannico Lawrence Alloway – che solo qualche anno prima, nel 1958, aveva coniato il termine “Pop Art” – allestì la storica mostra Six Painters and the Object, considerata un momento di svolta nella storia del movimento d'oltreoceano.
Inizialmente, Alloway avrebbe voluto intitolare la rassegna Signs and Objects, frase che oggi torna simbolicamente nell’esposizione spagnola.
Chi sono
Sono Dario Ujetto e scrivo questa newsletter da fine agosto 2022. Ho 45 anni e da sempre sono appassionato di storie.
Sono co-founder della startup Artàporter e della società di consulenza Feelthebeat. Scrivo storie di cibo su Eat Piemonte.
Operaio della comunicazione e del marketing, non chiedetemi mai consigli su carriera professionale o personal branding. Non ho una carriera e sono un pessimo venditore.
Mi trovate anche su Linkedin.